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Suspiria

04 Gennaio , 2019

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Movie Story

Una brillante e ambiziosa ballerina americana si reca in Europa per frequentare una scuola prestigiosa. Dopo il brutale assassinio di un compagno di studi e altre morti cruenti che mandano in frantumi la quiete del campus, la ragazza capisce che l’accademia probabilmente non è che la facciata di una minacciosa organizzazione.

“Il Suspiria di Luca Guadagnino, il più ambizioso e riuscito del suo irregolare far cinema (…), montato spesso a colpi di martello in atmosfere lugubri, ma assai realistiche, intanto non è né un omaggio né il remake del cult di Dario Argento. E’ uno sgambetto a quel film, una reinvenzione speculativa, un felice sfruttamento di quell’impianto onirico orrorifico liberato negli interessi di un altro autore. (…) I piani, orrore nel magico, terrore nel reale, forse si specchiano un po’a forza. Più chiaro invece il personale teatro della crudeltà di Guadagnino che riflette sul gesto della creatività.” (Silvio Danese, ‘Nazione-Carlino-Giorno’, 2 settembre 2018)

“Remake a quarantuno anni di distanza del film di Dario Argento, forse quello avvolto dall’aria più mitica, anche per merito della fotografia di Luciano Tovoli che col suo Technicolor TriPack trasformava le scene in incubi a occhi aperti. Guadagnino si affida invece (come per i suoi ultimi film) alle immagini del thailandese Sayombhu Mukdeeprom ma soprattutto al montaggio di Walter Fasano e alle musiche di Thom Yorke (Radiohead) per trovare quelle atmosfere di tensione e di angoscia che attraversano il film e lo differenziano dall’originale. (…) La differenza di partenza tra remake e originale è fondamentale per entrare nello spirito del film (centrato sul confronto estenuante e rigoroso del proprio corpo con una disciplina che chiede di misurarsi con quello che ognuno si porta nel profondo e che può emergere grazie al carismatico potere della maestra/coreografa) ma anche per innescare una serie di “bracci di ferro” tra razionalità e sogni, tra ambizioni e incubi. (…) la paura che crea il film non è quella del ‘jumpscare’, del salto sulla sedia, ma piuttosto quella insinuante che mette in discussione le certezze: che donne sono quelle che popolano questa versione di Suspiria? Che cosa può fermare la loro aggressiva determinazione? Se Dario Argento chiudeva il film con un massacro liberatorio, Guadagnino (e la sceneggiatura di David Kajganich) evita di dare risposte, anzi gioca con le contraddizioni, come fa con il destino di Madame Blanc, che sembra pagare l’amore (materno? saffico?) che prova per Susie. Resta l’interrogativo più difficile: come reagirà il pubblico (soprattutto femminile) che ha decretato il successo di Chiamami col tuo nome di fronte a un film che imbocca un percorso totalmente diverso, sospeso tra cult e horror giovanilista? Ma forse è una domanda da non porsi, prigionieri come siamo di una logica “d’autore” che vede nella coerenza dei temi e dello stile il metro d’analisi e di giudizio. Forse, invece, il cinema italiano ha proprio bisogno di un autore che insegua una sua programmatica incoerenza, alla ricerca del piacere anche un po’ fanciullesco del “fare cinema” e che vede nella varietà e nelle contraddizioni la chiave privilegiata del suo percorso registico.” (Paolo Mereghetti, ‘Corriere della Sera’, 2 settembre 2018)

“Dimenticate Dario Argento. Il remake di Suspiria è anzitutto un film di Guadagnino, con una sua autonomia, e anzi molto dentro il suo metodo e le sue ossessioni. Il lavoro sul genere horror (quasi completamente negato) è parallelo a quello sul cinema d’autore internazionale in Chiamami col tuo nome . (…) se il film di Argento era un trionfo di colori in un mondo da fiaba, qui la Storia preme da tutte le parti (come spesso in Guadagnino) e la regia si nega ogni fascino facile, mantenendo un controllo totale, su toni cromatici spenti e scuri, a dare l’idea di un mondo plumbeo. (…) Il cast funziona, a cominciare dalla magnetica Tilda Swinton; e alcune trovate sono ingegnose. Il film insomma è ricco, complesso, forse anche troppo (…).” (Emiliano Morreale, ‘La Repubblica’, 2 settembre 2018)

“L’unico modo per affrontare il remake di Suspiria di Argento era rifarlo daccapo. A modo di Luca Guadagnino e quindi con il piacere del bambino saggio che conosce l’efficacia di pietas, Storia, danza moderna (lì c’era il balletto classico qui l’impeto di Pina Bausch e il rigore ascetico di Marta Graham) con colonna sonora di Thom Yorke dei Radiohead che ti sussurra al cuore rispetto al martellamento nel cervello dei Goblin del capolavoro argentiano. Tilda Swinton in tre ruoli (…), Johnson in cinquanta sfumature di complessità e la star dell’originale Jessica Harper in un commovente cammeo. L’originale era uno sballo psichedelico. Questo una straziante, autocoscienza di gruppo.” (Francesco Alò, ‘Il Messaggero’, 2 settembre 2018)